Come abbiamo visto, una delle novità della Biennale Architettura 2018 (26 maggio – 25 novembre 2018) sarà la partecipazione del Vaticano, che per la prima volta assoluta avrà uno spazio dedicato sull’Isola di San Giorgio Maggiore, nell’area fittamente alberata che si trova all’estremità dell’isola. Il padiglione diffuso della Santa Sede alla Biennale, il cui progetto, curato da Francesco Dal Co, è stato presentato nel dettaglio martedì scorso, ha il titolo di Vatican Chapels e si compone di dieci cappelle e un padiglione espositivo (a giugno abbiamo aggiornato l’articolo aggiungendo una galleria di immagini dei progetti realizzati, a fondo articolo).
Le dieci cappelle nel bosco sono state ideate sul modello della Skogskapellet di Gunnar Asplund (Enskede, Stoccolma, 1919-1920). Per rendere il pubblico partecipe delle ragioni di questa scelta, all’ingresso verrà allestito un padiglione, l’Asplund Pavilion, appunto, che esporrà i disegni e il plastico del progetto di “cappella nel bosco” di Asplund. Come spiega Dal Co, “Con questo piccolo capolavoro, Asplund definì la cappella come un luogo di orientamento, incontro, meditazione casualmente o naturalmente formatosi all’interno di un vasto terreno alberato, inteso quale fisica evocazione del labirintico percorso della vita e del peregrinare dell’uomo in attesa dell’incontro”.
L’Asplund Pavilion sarà progettato da Francesco Magnani e Traudy Pelzel di MAP Studio (Venezia).

Le dieci cappelle invece, come avevamo anticipato, sono state progettate da:
– Francesco Cellini, Italia
– Smiljan Radic, Cile
– Carla Juaçaba, Brasile
– Javier Corvalán, Paraguay
– Sean Godsell, Australia
– Eva Prats & Ricardo Flores, Spagna
– Eduardo Souto de Moura, Portogallo
– Norman Foster, Regno Unito
– Andrew Berman, USA
– Terunobu Fujimori, Giappone

Vatican Chapels, i progetti
Lo spazio alberato all’estremità meridionale dell’Isola di San Giorgio Maggiore ospiterà in sequenza le dieci cappelle (il numero è simbolico: si è voluto creare, come spiega il Cardinale Gianfranco Ravasi – Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Commissario del Padiglione della Santa Sede – “quasi un decalogo di presenze incastonate all’interno dello spazio: sono simili a voci fatte architettura che risuonano con la loro armonia spirituale nella trama della vita quotidiana”), a costituire una sorta di pellegrinaggio, non necessariamente religioso.
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“Nel bosco dove il ‘Padiglione Asplund’ e le cappelle verranno collocati non vi sono mete e l’ambiente è soltanto una metafora del peregrinare della vita. Questa metafora, nel caso del Padiglione della Santa Sede, è ancora più radicale di quella configurata da Asplund, che costruì la sua cappella tra gli alberi, ma all’interno di un cimitero. Per queste ragioni gli architetti del Padiglione della Santa Sede hanno lavorato senza alcun riferimento ai canoni comunemente riconosciuti e senza poter contare su alcun modello dal punto di vista tipologico, come dimostra la varietà, solo in apparenza sorprendente, dei progetti da loro elaborati”, ha sottolineato Dal Co.
Francesco Cellini


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Smiljan Radic


Carla Juaçaba

Javier Corvalán

Sean Godsell


Eva Prats & Ricardo Flores

Eduardo Souto de Moura

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Norman Foster

Andrew Berman

Terunobu Fujimori

Vatican Chapels, i progetti realizzati
Aggiornamento di giugno 2018: Ecco una galleria di immagini (© Chemollo) delle 10 Vatican Chapels (e dell’Asplund Pavilion) realizzate sull’Isola di San Giorgio Maggiore:

Partendo da alcune considerazioni relative alla situazione contemporanea, in questo libro vengono analizzati diversi significati che ha assunto, nel corso della storia, il concetto di tipo in architettura, dalla trattatistica vitruviana e quattrocentesca alle definizioni teoriche di alcuni...
Come al solito , oramai, la “grande” architettura prende a modello le esercitazioni delle matricole delle facoltà di architettura …. sono i giovani ed ingenui studenti ad essere i maestri degli scaltri e famosi professori.
Architetture senza espressione!
Paolo di caterina ti voto……
Condivido in pieno…segno dei nostri tempi privi di identità
Che tristezza! La chiamerei “architettura indifferenziata”…
Il progetto che maggiormente pare come un luogo di preghiera e di incontro con il Signore è quello ad opera di Terunobu Fujimori
Buono il progetto di Foster che ho potuto vedere dal vivo. La struttura crea grandi giochi di luce e ombre a variazione continua. Purtroppo la fotografia rende poco o niente dell’atmosfera mistica che si percepisce.